29 settembre 2014

29 settembre 2014

 

Il testo di una canzone recitava: “Oggi 29 settembre, seduto in quel caffè io non pensavo a te……”.

Oggi, 29 settembre,   camminando per le vie  di Roma Capitale,  ho sentito la colonna sonora che potrebbe avere  il giorno successivo ad una catastrofe, il cosiddetto  day after,  in un momento di insolito silenzio si avvertiva il  risuonare sincopato  di un bicchiere di plastica vuoto che rotolava spinto dal vento.  Per un attimo ho avuto la sensazione di essere arrivata  dopo il passaggio di una forza distruttiva aliena. Mi guardo intorno e vedo sotto l’ombra di un albero una quindicina di bottiglie di birra vuote,  rifiuti buttati   vicino e non dentro i cassonetti, un albero secco caduto in un’ area recintata in attesa di qualcuno che  ne raccogliesse le spoglie, erbacce che vanno  ricoprendo marciapiedi e strade. Tutto questo  nel raggio di cinquecento metri alle tre del pomeriggio.

Cosa era successo nelle ore precedenti al punto di affastellare tanta inciviltà, o meglio cosa non era successo?  In fondo ormai non sono più gli accadimenti a produrre la distruzione del Mondo della Natura, ma le inadempienze, il disinteresse, il senso di non farne parte, l’incuria, la delega ad entità non ben definite di provvedere allo scempio.  La sensazione è che  la cosa pubblica  venga considerata  appartenente ad un privato che non merita nessun rispetto!

Il degrado etico è un paradosso che rispecchia  il momento storico che si sta vivendo, dove qualunque espressione di sé  si esaspera, oltrepassando i limiti del rispetto della dignità del genere  umano, dimenticando di  appartenervi. Forse siamo tutti, più o meno, seduti in quel caffè senza pensare a sé stessi, oltre che all’altro.

Il blog thirdlife.it è stato concepito come un magazine  che avesse una attenzione particolare all’ambiente, essendo la casa naturale di tutti gli esseri umani, sempre più dimenticato e maltrattato. L’intento è di sensibilizzare, oltre che di offrire spunti di riflessione, per meglio comprendere la psicologia dei comportamenti degli uomini e delle donne che si spera non debbano mai abbandonare il Pianeta Terra, come nel film Wall.e,  perché sommerso dai rifiuti.

solstizio d’estate

Solstizio d’estate

 

Qualcosa cambia, nell’aria, nel cielo, tra  le fronde degli alberi trafitte dai raggi del sole e nell’alone opacizzante che avvolge la luna, in estate qualcosa cambia.

 

La sensazione è  di una impercettibile,  lenta trasmutazione della vita.

Cosa accade?

Si  oltrepassa  la porta del solstizio d’estate quando  il sole raggiunge lo zenit nella sua parabola ascendente e  avvia quella discendente.  Il vento elettrizza l’aria rendendola  rovente, il termometro sale e l’atmosfera si fa rarefatta.

 

Nulla è più chiaro come prima, le donne e gli uomini si sentono avvolti in un involucro   translucente.

Il disordine si sovrappone all’ordine smarrito e la ricerca di nuove coordinate per individuare la strada si impone.  Questa è l’estate dell’anima che attraverso le dimenticanze e i ricordi propone un alleggerimento della memoria. Sì, perché l’estate richiede un bagaglio leggero da portare con sé, per consentire movimenti esplorativi più rapidi, mentre si passa in rassegna  quanto si è affastellato nel contenitore della vita nei mesi precedenti. 

 

In questo periodo è più facile sentirsi frastornati, insofferenti di fronte alle difficoltà o agli ostacoli che si incontrano nella quotidianità. Il sole più intensifica la sua luminosità e più crea ombre pesanti che calano come macigni sulle coscienze, stupefatte da tanta energia che si trasfonde nell’Io e che dirompe, a volte,  con accessi incontrollati.   

Estate, stagione della sospensione  e della intermittenza, a volte per scelta, a volte per necessità, a volte per obbligo. L’estate è la stagione della vacatio, cioè  dell’ assenza di impegni tipicamente caratterizzanti le altre stagioni.

 

Estate, contenitore vuoto che tra desiderio e nostalgia cerca nuovi contenuti, a volte difficili da trovare.

Nella favola della cicala e della formica di Esopo,  si stigmatizzava il comportamento irresponsabile della cicala che non provvedeva alle provviste per sopravvivere all’inverno, prediligendo la spensieratezza della vita estiva, diversamente della previdente formica che insaccava la sua tana di cibo.

 

È pur vero che essere cicale non è facile, come sembrerebbe, in quanto l’estate è la stagione in cui si vive la mancanza e l’assenza della routine, che per quanto monotona riempie l’esistenza di chi incontra difficoltà, al di là di quelle economiche, ad avere relazioni amicali,  scambi sociali soddisfacenti e risorse per crearne. La sospensione e l’intermittenza  della quotidianità che l’estate porta con sé, sono spesso subite, nonostante il desiderio di viverle.  

Il termine estate nella sua radice indoeuropea (idh,edh)  significa moto che  porta luce, ma anche accendere un fuoco.  Il fuoco può portare prosperità, ma può anche essere distruttivo. Il fuoco può essere sacro, ma anche infernale.

 

Il solstizio d’estate, come scrivevo all’inizio, è una porta, che si attraversa, come una frontiera che richiede la verifica della nostra identità, di chi siamo e di chi vorremmo essere ( non sarà un caso, ma in questo periodo, più che in altri, si smarriscono o si dimenticano i documenti di identità!).  La frontiera è un confine, che decreta la fine, ma anche l’ inizio di un nuovo territorio, nel quale avventurarsi con uno spirito esplorativo e conoscitivo. Il coraggio della conoscenza ridimensiona la paura dell’incognito, spingendo avanti, per accedere a quella trasmutazione della vita che l’estate porta con sé.

 

 

cervo

Cervo, ambasciatore della Natura

 

Qualche giorno fa  sulla stampa ricorreva una foto che ritraeva  un cervo immerso nella neve, da cui fuoriusciva soltanto la testa. È stato istantaneo pensare all’immagine evocata dai versi di Dante nel XXXII Canto dell’Inferno, in cui i dannati sono immersi, fino al collo, nelle loro lacrime ghiacciate.  I dannati in questione sono i traditori di parenti! Ma i cervi, chi hanno tradito per meritare tale punizione?

La Natura, forse,  che è stata, ed è, continuamente tradita dagli umani (suoi parenti!),  ha   inviato un emissario, capace di salvarsi dalla trappola della neve,  come monito a chi  non sarebbe, ugualmente, capace di salvarsi?

 

La scelta del cervo, tra l’altro non è casuale. Il cervo,  è simbolicamente associato all’albero della vita,  per avere le corna che si rinnovano continuamente.  Il cervo rappresenta la fecondità, la crescita e la rinascita, oltre ad essere l’animale  consacrato ad Artemide o Diana, dea della caccia. Artemide, “selvaggia dea della natura”   puniva severamente uomini e donne che   le mancavano  di rispetto, ma proteggeva chi le era fedele. Oggi, difficilmente si mostra fedeltà alla Natura, profondamente tradita, sfruttata, espropriata e negata. La Terra, infatti,  sta sprofondando negli abissi , sta  desertificando, sta  asfissiando, in pratica  sta scomparendo. Ogni giorno si assiste al sacrificio di animali che non riescono a vivere, perché deprivati del loro habitat, ma nulla accade, affinché  si possa avviare una inversione di tendenza globale alla distruttività in atto. Di fronte al “nostro” cervo ambasciatore, intrappolato, tante persone  si sono commosse, ma poche si sono sentite responsabili  di quella sofferenza. Spero non ci sia bisogno di invocare la dea Artemide perché si capisca  che le donne e gli uomini della Terra non rispettando la Natura  non rispettano se stessi!

 

 

Il rumore della mancanza e il silenzio dell’assenza

 Il rumore della mancanza e il silenzio dell’assenza 

 

Quanto ci rendiamo conto nella vita quotidiana  delle assenze?

Spesso pensiamo a ciò che manca, come se fosse assente, ma  le assenze non sono mancanze. L’assenza è qualcosa di diverso rispetto alla mancanza. 

Quando una persona muore si  usa dire “è mancatanonè assente”. 

L’assenza è una sospensione dell’esistenza, mentre la mancanza è l’eliminazione dell’ esistenza. 

Sono stata assente da questo blog per un po’ di tempo, ma non mancante. L’assenza può essere molto più di una presenza.  Il silenzio è assenza di parole, ma non di significato.  A volte il silenzio è un evidenziatore della percezione dell’assenza, che non andrebbe confuso con  il rumore della mancanza.

Un blog è fatto di parole, ma può essere anche fatto di silenzi, specialmente quando ciò che si desidera esprimere, è meglio rappresentato dall’assenza? Vero è che  il mondo virtuale sia caratterizzato da immagini e da parole, mai dalla  loro sospensione, che sarebbe percepita   come mancanza  e non come assenza. 

L’esistenza degli uomini e delle donne,  però, è costellata di assenze  e di silenzi, perché non costellarne anche il mondo virtuale?  Il coraggio dell’assenza potrebbe aiutare a riflettere meglio sulla necessità della presenza e sul significato della mancanza.