cervo

Cervo, ambasciatore della Natura

 

Qualche giorno fa  sulla stampa ricorreva una foto che ritraeva  un cervo immerso nella neve, da cui fuoriusciva soltanto la testa. È stato istantaneo pensare all’immagine evocata dai versi di Dante nel XXXII Canto dell’Inferno, in cui i dannati sono immersi, fino al collo, nelle loro lacrime ghiacciate.  I dannati in questione sono i traditori di parenti! Ma i cervi, chi hanno tradito per meritare tale punizione?

La Natura, forse,  che è stata, ed è, continuamente tradita dagli umani (suoi parenti!),  ha   inviato un emissario, capace di salvarsi dalla trappola della neve,  come monito a chi  non sarebbe, ugualmente, capace di salvarsi?

 

La scelta del cervo, tra l’altro non è casuale. Il cervo,  è simbolicamente associato all’albero della vita,  per avere le corna che si rinnovano continuamente.  Il cervo rappresenta la fecondità, la crescita e la rinascita, oltre ad essere l’animale  consacrato ad Artemide o Diana, dea della caccia. Artemide, “selvaggia dea della natura”   puniva severamente uomini e donne che   le mancavano  di rispetto, ma proteggeva chi le era fedele. Oggi, difficilmente si mostra fedeltà alla Natura, profondamente tradita, sfruttata, espropriata e negata. La Terra, infatti,  sta sprofondando negli abissi , sta  desertificando, sta  asfissiando, in pratica  sta scomparendo. Ogni giorno si assiste al sacrificio di animali che non riescono a vivere, perché deprivati del loro habitat, ma nulla accade, affinché  si possa avviare una inversione di tendenza globale alla distruttività in atto. Di fronte al “nostro” cervo ambasciatore, intrappolato, tante persone  si sono commosse, ma poche si sono sentite responsabili  di quella sofferenza. Spero non ci sia bisogno di invocare la dea Artemide perché si capisca  che le donne e gli uomini della Terra non rispettando la Natura  non rispettano se stessi!

 

 

LE PALME COME SALICI PIANGENTI

LE PALME COME SALICI PIANGENTI

Ormai è sempre più visibile, ne parlano i mass media, ne parlano  gli esperti di botanica, si usano i  rimedi più sofisticati  per combattere  il male che progredisce inesorabile, ma nessuno, ad oggi, può  fare nulla e  le palme stanno morendo!

Questo esemplare  di natura mediterranea, che evoca paesaggi tropicali, non ce la fa più! Il nemico rosso si è impadronito della sua linfa decretandone la morte, contagiosa. Le  sue foglie sono cadenti come  salici piangenti! La Palma  non muore seccandosi  come tutte le altre piante, ma ripiegandosi su se stessa,  come se cercasse  di essere nuovamente accolta dalla Madre Terra da cui è nata.

Un albero più sensibile degli altri allo smog, ai veleni scaricati da questo mondo   distratto, al punto di non riuscire a difendersi dagli attacchi del punteruolo rosso. La Palma soffoca, mentre, come si leggeva sui giornali nei giorni scorsi, un altro albero,  la Betulla, ha incrementato la capacità di respirare CO2, quasi come una reazione vitale all’inquinamento.

Il mondo vegetale imita,quindi, il mondo animale, dove i più forti, i più aggressivi sopravvivono  e i più deboli soccombono:

Le  Palme deboli e le Betulle forti!

Sarà così? E se fosse il contrario? In fondo a cosa serve sopravvivere quando non è più possibile vivere?

Il punteruolo rosso diventa uno strumento per  raggiungere la morte per  eutanasia?

Eppure,  le  Palme sono  piante salvifiche, tipiche delle oasi nel deserto, dove si ha la garanzia di trovare  fresco, acqua e cibo, nell’abbagliante cammino della vita.

…“ La palma, il ramoscello, il ramo verde sono universalmente considerati come simboli di vittoria, di ascensione, di rigenerazione e di immortalità”…

come si legge  nel “Dizionario dei Simboli” di J. Chevalier e A.Gheerbrant, pag.180, ed.Bur,1999. Se, quindi, la Palma è il simbolo della immortalità, perché muore?     Forse perché il messaggio che ne deve derivare sia più forte, per indurre gli uomini a riflettere sul senso della vita e sulla sua finitezza?  L’immortale che muore  ridimensiona l’ipertrofia dell’Io, per ricondurlo ad una dimensione più vicina alla realtà interna ed esterna. Il percorso  di rinnovamento e di rigenerazione parte, comunque, dall’interno come una endoterapia, la stessa che stanno provando gli scienziati con la Palma. Una terapia che parte dall’interno  che può stimolare una reazione attiva della Palma, la stessa reazione attiva che ogni essere umano dovrebbe avere per salvare se stesso e il mondo in cui vive, iniziando a sentirsi protagonista  della propria esistenza.

Il mondo vegetale ci richiama ad una maggiore responsabilità verso la Natura tutta, sacrificando proprio il simbolo della immortalità.

Con la Primavera il punteruolo rosso si risveglia  ed è utile che l’oblio non ingoi  questa realtà, che continua a palesarsi ai nostri occhi quando ci accorgiamo che il panorama si  trasforma e l’0rizzonte perde il movimento aghiforme delle foglie  sotto la scure che taglia le chiome piangenti.

Il punteruolo rosso sta ritagliando dalla Natura le Palme, come  un arnese che si usava nelle scuole, per ritagliare i contorni di figure che si staccavano dallo sfondo sotto i piccoli buchi praticati inesorabilmente dalla punta acuminata, chiamato anch’esso punteruolo!   Se non si riuscirà a fermare questo palmicidio, della palma  rimarrà solo una sagoma  vuota, senza anima e senza respiro vitale.

Questa breve riflessione vorrei concluderla  ipotizzando  che l’antidoto al veleno  rosso  stia nel cogliere, da parte dell’essere umano, consapevolmente,  il senso di quanto  accade, dando segnali di cambiamento nel rispettare la Natura  attraverso il rispetto di sé.