Maggese d’agosto!

Maggese è il termine che identifica un terreno agricolo messo a riposo, per consentire alla terra di ritrovare nuova fertilità. Avviene in maggio, da qui maggese, la vacatio della terra, periodo di sospensione rigenerante per trovare nuova fertilità. Gli uomini e le donne che lavorano, per consuetudine o per necessità, scelgono un mese estivo, più spesso agosto, per vivere il proprio maggese, un tempo di riposo, ma predisponente a nuove semine. La vacatio, cioè l’assenza della routine quotidiana che dovrebbe caratterizzare la vacanza, non è un periodo improduttivo ma di diversa produttività, come avviene per un terreno messo a maggese. Il mondo della Natura insegna quanto sia importante rispettare le pause, il silenzio, la scansione del tempo e l’attesa, per sospendere il fare e dedicarsi all’essere nella sua essenza. Il turbinio degli accadimenti convulsi dei mesi invernali insieme al frastuono dei pensieri e delle preoccupazioni, dovrebbero lasciare spazio, nel periodo di riposo della vacanza, alla leggerezza di chi vive senza tempo, anche solo per un attimo intriso, però, di eternità. Nuova fertilità, nuove coltivazioni per nuovi progetti possono nascere dal proprio terreno interiore messo a riposo nei periodi di passaggio della vita, nonostante la sensazione di sentirsi a volte “…come l’aratro in mezzo alla maggese” delle Lavandare di Giovanni Pascoli.

Toccata e fuga

Quante volte nel linguaggio comune è usata l’espressione “toccata e fuga” per intendere una presenza veloce e fugace, quando il tempo a disposizione è limitato, ma tante sono le incombenze da portare a termine? Un desiderio di ubiquità si cela dietro il bisogno di essere ovunque, rincorrendo gli impegni presi e non procrastinabili? Difficile rispondere, ma se ci fermassimo a riflettere, facendoci guidare dalla psicologia e dalla musica forse potremmo trovare un nuovo senso, ritmo e sonorità all’esistenza.

In effetti, la toccata e la fuga sono forme musicali dove le note si inseguono quasi affannosamente, ma armoniosamente, senza mai raggiungersi. Carl Gustav Jung associava l’Arte della Fuga a un Mandala (cerchio sacro) per la sua circolarità, considerando che la “la forma musicale è espressione del carattere circolare dei processi inconsci”(Jung, C.,G., Lettere II, Roma, Edizioni Scientifiche Ma.Gi., 2006, pag.153).

Johann Sebastian Bach, nella famosissima Toccata e Fuga in Re minore, ci ha magistralmente esemplificato cos’è una toccata e una fuga, quasi preconizzando il bisogno dell’essere umano, nel terzo millennio, di ritrovare nuova armonia. Toccata e fuga, quindi, non per illudersi di possedere il dono dell’ubiquità, ma per comporre la partitura della vita che include intervalli, pause e respiro, parole chiave per accedere a nuovo senso, ritmo e sonorità. È possibile che Johann Sebastian Bach, musicista e compositore del ‘700, fosse consapevole della componente terapeutica della musica, tant’è che “[…] scrisse Le Variazioni di Goldberg per i clavicembalisti di un conte che non riusciva a dormire. Esse sono forse l’esempio più grandioso di terapia musicale.” (Rasche, J., Il canto del leone verde, Roma, Edizioni Magi, 2006, pag.50).

Il linguaggio comune potrebbe aver mutuato l’espressione toccata e fuga dalla musica o viceversa, ma la riflessione rimane la stessa se la sensazione è comunque di rincorrere qualcosa senza mai raggiungerla o magari solo appena toccarla. L’armonia in una composizione può suggerirci quanto l’ascolto della musica consenta di connettersi con la parte più profonda di sé, fermandosi un istante per ritrovare un punto da cui ripartire con nuovo ritmo:

 

“E tutto il resto eccolo qui –

È come Bach suonato sul bicchiere

per un istante.”

(Szymborska W., Progetto un Mondo, da La gioia di scrivere, Milano, Adelphi Edizioni, 2009, pag.99)

STELLA DI….. NATALE!

Ebbene sì, la stella di Natale ha indotto una riflessione, anche se siamo vicini alla festività pasquale. Dal mese di dicembre il mio studio ospita una stella di Natale che vedete nella foto. Un po’ provata, ma in buona forma. Non mi era mai capitato che una pianta, così tipicamente stagionale, superasse il confine della primavera. Sicuramente ci saranno tanti pollici verdi capaci di far vivere per lungo tempo la pianta natalizia, però la durata colpisce sempre e comunque. Una Stella di Natale che ci traghetta verso la Pasqua, attraversando mesi difficili e profondamente dolorosi, per lasciare vivo il senso della nascita, simbolo del Natale, e sottolineare che la vita è più forte della dirompenza mortifera del virus Covid19, che attanaglia l’umanità. La Pasqua di per sé ha il significato di passaggio, dalla morte alla vita, un simbolo che nell’uovo trova la sua proiezione simbolica collettiva. Nascere per rinascere, affinché risorgano le coscienze, per dare nuova linfa al desiderio di procedere verso orizzonti nuovi e inesplorati. La strada della liberazione liberata della vita dal virus sembra ancora impervia, ma, nonostante la strenua lotta, il passaggio dalla morte alla vita ci sarà, celebrando ognuno la propria Pasqua, quella interiore di nascita, rinascita e resurrezione.