202……….1

Tra qualche giorno il 2020 chiude il sipario e si ritira, lasciando all’Umanità un carico di esperienze inimmaginabili, da elaborare e da metabolizzare per i prossimi anni. Il 2021 farà il suo ingresso ereditando lasciti complessi, sia da un punto di vista psicologico che fisico, ma, come ogni cosa che nasce, avrà la forza vitale in grado di supportare il carico inevaso ricevuto nel passaggio del confine cronologico. Ogni essere umano ha desiderato e immaginato, in questi mesi, di volare per andare oltre il tempo e la memoria, per proiettare l’esistenza in zona di sicurezza. Ora più che mai, però, è importante rimanere ancorati alle radici della Madre Terra per essere nutriti di certezze, per essere protetti con nuove consapevolezze, per essere contenuti come teneri germogli. L’archetipo della Grande Madre, quindi, sarà risvegliato dalla necessità di trovare strade per concepire nuova vita e giungere al riscatto di quanto è stato sottratto dalla pandemia.

Il neonato 2021 muoverà i suoi primi passi su terreni desertificati, bisognosi di essere risanati, riattivati e rigenerati con robuste semine. L’anno che verrà rappresenta l’inizio e ricomincia da Uno: l’essenza, la matrice dell’esistenza, la forza ritrovata per andare oltre.

capodanno

2013…..2014

 

 

È preferibile scrivere sull’anno vecchio che muore o sul nuovo anno che nasce?

 

L’ultimo o il primo? 

 

Tendenzialmente è più facile protendersi verso il futuro, buttandosi alle spalle ciò che è stato e pensare a tutti i buoni propositi da realizzare  nel nuovo anno. È pur vero che la sensazione di essere nel nuovo anno dura qualche giorno, perché la routine quotidiana ripristina fedelmente lo stile di vita e di pensiero del vecchio anno, relegando i buoni propositi in un anfratto nascosto della memoria.  Sicuramente non viviamo un’ epoca che alimenti le speranze per un cambiamento, tanto che mantenere ciò che c’è  è  considerato un successo, ma quando si pensa al cambiamento dovremmo alludere, soprattutto, al punto di vista con cui guardiamo il mondo in cui viviamo, con tutto il suo contenuto tangibile.

 

Allora, ultimo o primo?

 

Senza l’ultimo non ci sarà il primo. L’ultimo  giorno muore, ripiegandosi su se stesso come una pianta  per rilasciare  i semi  nella terra, da dove nascerà una nuova vita. Senza ciò che abbiamo vissuto, non ci potrà essere ciò che vivremo, la continuità aiuta a non riporre troppe speranze in un rinnovamento magico, ma a coltivare i semi che potranno produrre e realizzare i progetti desiderati.

 

Il passaggio dal vecchio al nuovo, è racchiuso nel rituale simbolico della eliminazione di oggetti che non servono più, in passato defenestrati fisicamente sulle strade sottostanti, fortunatamente oggi non più in uso, ma che procurava, probabilmente, una efficace separazione catartica dal vecchio. Utile sarebbe fare spazio dentro di sé, oltre che fuori, per accogliere il nuovo, affinché trovi spazio per crescere. 

 

La notte di Capodanno, in genere, ha come sinonimo la notte di San Silvestro, essendo il Santo che la Chiesa annovera il 31 dicembre, chiamato “Confessore”.

Ecco, forse per ricavare il giusto spazio per accogliere il nuovo, riuscendo a buttare il vecchio, potrebbe essere proficuo vivere nell’ultimo giorno un momento di introspezione. Un ripiegamento su se stessi  per confessare   i progetti in sospeso che vorremmo portare a termine o che dovremmo rivedere o che dovremmo rinnovare nel nuovo anno, insieme alle paure, che rallentano la loro realizzazione, per   poterle conoscere e poterle vivere entrandoci dentro, attraversandole. 

Così come attraversiamo la vita, attraversiamo le paure per avviarci ad accogliere il nuovo come una vera epifania.