202……….1

Tra qualche giorno il 2020 chiude il sipario e si ritira, lasciando all’Umanità un carico di esperienze inimmaginabili, da elaborare e da metabolizzare per i prossimi anni. Il 2021 farà il suo ingresso ereditando lasciti complessi, sia da un punto di vista psicologico che fisico, ma, come ogni cosa che nasce, avrà la forza vitale in grado di supportare il carico inevaso ricevuto nel passaggio del confine cronologico. Ogni essere umano ha desiderato e immaginato, in questi mesi, di volare per andare oltre il tempo e la memoria, per proiettare l’esistenza in zona di sicurezza. Ora più che mai, però, è importante rimanere ancorati alle radici della Madre Terra per essere nutriti di certezze, per essere protetti con nuove consapevolezze, per essere contenuti come teneri germogli. L’archetipo della Grande Madre, quindi, sarà risvegliato dalla necessità di trovare strade per concepire nuova vita e giungere al riscatto di quanto è stato sottratto dalla pandemia.

Il neonato 2021 muoverà i suoi primi passi su terreni desertificati, bisognosi di essere risanati, riattivati e rigenerati con robuste semine. L’anno che verrà rappresenta l’inizio e ricomincia da Uno: l’essenza, la matrice dell’esistenza, la forza ritrovata per andare oltre.

Nascere, crescere, aumentare

Ebbene sì, nascere, crescere, aumentare, è quanto si cela dietro la semplice parola Auguri, che si usa quando si desidera propiziare a persone care un periodo favorevole, in occasione di ricorrenze e di anniversari. In questo periodo storico, che sarà annoverato come pandemico nei prossimi secoli, trovare parole augurali in prossimità delle feste natalizie non è semplice, considerando il clima che si respira, caratterizzato dal desiderio di svegliarsi da un incubo e dal bisogno di sentirsi al sicuro nel pieno di una tempesta. Per questo motivo preferisco usare la parola “auguri” partendo dalla radice etimologica indoeuropea uj-oj-auj che si traduce in nascere, crescere, aumentare, affinché il Natale e il nuovo Anno siano momenti di evoluzione e di rinnovamento per tutti.

Il bisogno di nascere, simbolicamente, a nuova vita, è più che mai espressione di un bisogno di rinnovarsi e di reinventarsi, in una fase in cui è utile trovare nuovi codici di lettura per la propria esistenza. La necessità di crescere, si palesa come uno stimolo ad andare oltre, per superare gli ostacoli incontrati lungo il cammino della realizzazione di sé, in un momento di forte rallentamento. L’intento di aumentare la propria conoscenza, origina dalla ricerca di trovare strumenti per districarsi nella ricerca di senso degli eventi vissuti.

Un filo rosso congiunge i tre verbi augurali, nascere, crescere, aumentare, per consentire a ognuno di noi di seguire una strada salvifica da coniugare al presente e al futuro. Il presente ci accompagna alla soglia del futuro, come la luce ci accompagna al buio della Mezzanotte per entrare nell’esplorazione del nuovo giorno.

A questo punto non mi resta che inviare a tutti coloro che mi seguono, nell’accezione che non può che accrescerne il significato, i miei AUGURI!

Gestualità al tempo delle mascherine

Oggi, vorrei porre l’attenzione su un comportamento particolare, che negli ultimi tempi mi è capitato di osservare, da quando indossiamo le mascherine anti contagio, nelle relazioni con altre persone. Il popolo italiano è conosciuto nel mondo per la sua gestualità molto espressiva e significativa che accompagna il linguaggio verbale oltre a quello non verbale, tant’è che spesso ne è benevolmente stigmatizzato all’estero. La mia attenzione, però, riguarda in modo particolare la gestualità delle mani, quando si parla indossando la mascherina, che sembra essersi accentuata, quasi per colmare la difficoltà, forse più psicologica che reale, di esprimere al meglio il contenuto della propria comunicazione. Tutti sappiamo che attraverso un gesto possiamo esprimere tenerezza, aggressività o disappunto, ma nella necessità di essere distanziati e mascherati è presumibile che si stia attivando un nuovo linguaggio gestuale parallelo di sostegno a quello verbale.

Con i miei lettori e lettrici condivido la mia percezione e vorrei chiedere se nella loro esperienza ne hanno avuto riscontro. Forse, siamo testimoni di un cambiamento nella comunicazione che potrebbe far acquisire un nuovo vocabolario non verbale, in virtù di un’inibizione visiva di una parte viso, che attiva canali di comunicazione che usano il corpo, più di quanto già non avvenga.

Qual è la vostra esperienza?

Per qualunque vostra condivisione il mio spazio è a disposizione. Grazie

PSICOLOGIA SENZA FRONTIERE

SPAZIO DEDICATO AGLI ITALIANI E ALLE ITALIANE ALL’ESTERO CHE, NON POTENDO RIENTRARE NEL LORO PAESE D’ORIGINE, DESIDERANO SENTIRSI “A CASA” IN UN MOMENTO DI DISAGIO O DI DIFFICOLTÀ PSICOLOGICA. PER RISCHIESTA DI INFORMAZIONI CONTATTAMI.

In tempi di chiusura di frontiere e di confini invalicabili, per evitare i contagi dal Covid19, che rallentano o bloccano il libero movimento delle persone, la Psiche viaggia e si sposta. La pandemia ha prodotto, da una parte, il distanziamento sociale, ma dall’altra la vicinanza virtuale, che abbatte le frontiere e consente di interagire con altre persone, anche lontane migliaia di chilometri. Quando si vive una condizione di chiusura, come in Italia abbiamo vissuto nei mesi scorsi e come attualmente sta accadendo di nuovo in altri Paesi nel mondo, poter usufruire in caso di necessità della psicoterapia digitale è sicuramente una grande risorsa (Ponte virtuale per contatti reali). Una riflessione che in questi mesi emergenziali si è manifestata, riguarda quanto possa essere complesso accedere a un sostegno psicologico in Paesi dove non è semplice trovare psicologi con cui condividere la stessa lingua. Le parole in un contesto psicoterapeutico sono importanti e trovarne di adeguate, in una lingua che non è la propria, a volte presenta delle difficoltà. Sicuramente il linguaggio non verbale ha la sua importanza, ma non è sufficiente, tant’è che Carl Gustav Jung, psicoanalista svizzero, definiva la terapia psicologica un procedimento dialettico, ovvero un dialogo, un confronto tra due persone. In questi casi attraversare un ponte virtuale per raggiungere un luogo non fisico, ma psichico, può essere un’ efficace formula che coniuga la condivisione di un disagio con la possibilità di esprimerlo nell’idioma più consono a sé.

A tal proposito, affinché un processo dialettico che intercorre tra due persone sia possibile, in tempi di totali o parziali lockdown nelle città o di impedimenti che rendono faticoso viaggiare tra i Paesi oltre-frontiera, il

setting psicoterapeutico virtuale si trasforma, per gli italiani e le italiane all’estero, in una realtà digitale accessibile, ovunque. Lo spazio mentale, abitato dal terapeuta e dal paziente all’interno di una terapia psicologica, abbatte qualunque barriera, consentendo di creare un vi-à-vis unico. L’efficacia di una psicoterapia dipende dalla magia alchemica che si crea in un setting, di là dello spazio fisico. Cibernauta dell’anima è la nuova declinazione del pendolarismo virtuale di un popolo resiliente, quando ha di fronte a sé nuovi sentieri da esplorare e s’incammina illuminando la strada con il fuoco della conoscenza. Sul mio sito www.sirasebastianelli.it si inaugura una nuova categoria dedicata agli italiani e alle italiane all’estero, pronta ad accogliere per sedute on-line chiunque desideri sostegno psicologico, in una fase di vita complessa come quella che l’umanità sta vivendo: ri-tornare virtualmente in Italia per ri-manere realmente nel Paese oltre-frontiera

Sogni in Casella……..lievitano!

L’attività onirica lievita! Sì, lievita, come un panettone, che compare in un sogno imbucato nella casella dei sogni. Sono diversi gli spunti che i sognatori e le sognatrici hanno fornito, inviando i loro contributi nella casella dei sogni. Per quanto l’estate e le vacanze abbiano consentito di “dimenticare” la quarantena vissuta nei mesi precedenti e il virus annesso, il nostro inconscio ha continuato a elaborare l’esperienza per attenuare le conseguenze psicologiche derivanti. Il panettone, per esempio, che il sognatore descrive grande e morbido, ci ricorda inevitabilmente il Natale, festa che vede tutta la famiglia riunita, desiderio che si spera possa essere esaudito per il prossimo Natale, soprattutto nel senso di rinascita. Nel panettone, inoltre, si nasconde l’esigenza di affetto, di accoglienza e di protezione suggerita dalla forma rotonda e morbida del dolce. Una difesa dalle tempeste temute e imprevedibili, come la tempesta che ci ha spedito una sognatrice, caratterizzata da un vento fortissimo distruttivo, quasi capace di spostare la casa, ma, nonostante ciò, non spaventava, perché la solidità era interna alla sognatrice, simbolicamente rappresentata dalla tenuta della casa. In un analogo sogno, invece, di altro sognatore, in cui la tempesta era stata di neve, un paio di scarponi è stato ritrovato sul balcone ricolmo di neve e ghiaccio, lasciando desumere che non sarebbe stato utile per intraprendere un cammino, soprattutto per strade impervie. La sensazione diffusa in questi sogni è di consapevolezza di timori delle difficoltà che si potrebbero incontrare nelle vita presente e futura, al punto di desiderare di allontanarsene senza riuscirvi, aspettando il decollo di un aereo che con avviene mai, come nel sogno ricorrente che scrive una sognatrice. L’impossibilità del decollo dell’aereo nel sogno è dovuta a piste non appropriate o interrotte, che se, da una parte induce a pensare alla paura di partire per allontanarsi da luoghi sicuri e conosciuti, dall’altra richiede la necessità di alleggerirsi dell’eventuale senso di colpa che un allontanamento potrebbe indurre. Può accadere, infatti, che per quanto si desideri un cambiamento, non si

ha il coraggio di realizzarlo, adducendo giustificazioni che nel tempo diventano alibi. Quando un sogno è ricorrente c’è spesso la necessità di elaborare contenuti irrisolti, che l’inconscio ha bisogno di riproporre finché non si alleggerisce il pesante carico psicologico, in questo caso, rappresentato dalla carlinga dell’aereo, al punto di lasciarlo a terra. Sembra incredibile, ma i sogni, nonostante siano di diverse persone, sono legati da un invisibile filo rosso che ne congiunge i contenuti rivelatori di un inconscio collettivo, al quale l’inconscio individuale attinge, per rendere il sogno soggettivo nella sua universalità.

Grazie ancora ai sognatori e alle sognatrici, che continuano a spedire i loro sogni e a contribuire alla narrazione onirica di un periodo storico che tracce profonde sta lasciando in ognuno di noi.

Sogno di una notte di mezza estate……….in casella

Continua il viaggio onirico, iniziato durante la quarantena obbligata dallo stato di emergenza per il  Covid19,  con la lettura dei sogni inviati nella casella riservata.  I lettori-onirici del mio sito anche nella fase post-quarantena  hanno condiviso i loro sogni e oggi  ritiriamo la posta per evaderla,  come sempre. I sogni sono sempre la cartina tornasole di una fase che l’umanità attraversa, sia a livello individuale sia collettivo. L’attività onirica è stata molto fiorente durante la quarantena, quando il corpo era bloccato, ma la psiche viaggiava nei meandri del mondo interiore,    mentre con la ripresa del movimento libero è sembrata,

POMERIGGIO

Difficile ripercorrere nella memoria una sensazione antica, evocativa di una leggera aria fresca estiva che accompagnava i preparativi del cambio di abiti per l’uscita pomeridiana.

Un profumo inebriante si diffondeva tra le stanze illuminate dal sole del tramonto.

Tanta cura nei dettagli più semplici e discreti per oltrepassare la soglia di casa: un momento speciale e unico. Quella percezione legata all’olfatto è ancora indelebile. Un ricordo fatto di immagini, ma soprattutto di odori, composti da tante particelle invisibili che si adagiavano sull’epidermide, penetrandola fin negli anfratti più profondi. È da quegli anfratti che la nostalgia riaffiora, come un soffio che accarezza la memoria. Accade più spesso in primavera e in estate, quando le finestre sono aperte e le tende si spostano sotto la spinta di un leggero vento che viene da ovest. Mi chiedo cosa avessero di speciale quelle uscite pomeridiane, quanto fossero diverse dalle uscite serali o mattutine. Forse, quel senso di appagamento che il pomeriggio porta con sé a differenza del mattino ancora assonnato o della sera affaticata dalla lunga giornata.

Si usciva di casa e il sole era lì con i suoi raggi lunghi a solleticare gli occhi per farli socchiudere, si scendevano le scale con attenzione, si oltrepassava il giardino e poi un breve vialetto che conduceva sulla strada. Da lì si procedeva verso la passeggiata, della quale ricordo solo la sensazione di fresco e di piacevole soddisfazione. Queste sensazioni sono la radice della felicità, che mi sembra di cogliere in certi momenti, ma sempre impalpabili e inafferrabili. Solo oggi riesco a scriverne, a distanza di tanti anni trascorsi a rivivere per microsecondi quelle sensazioni così scolpite nella memoria.

Tutto sembrava perfetto, in sincronica armonia con il respiro del Mondo.

Il respiro, mi ha sempre affascinato e mi divertiva, quando ero molto piccola, entrare nel respiro degli altri durante il sonno, seguendo lo stesso ritmo ascendente e discendente. L’apnea era il momento dell’attesa per entrare nell’inspirazione del dormiente di turno e, insieme, espirare. All’epoca non mi rendevo conto che così facendo rallentavo il mio respiro rendendolo più lungo e più profondo, inducendomi un rilassamento che probabilmente cercavo per addormentarmi a mia volta.

Un inconsapevole atto meditativo, ascoltando l’onda del respiro come un mantra.

Il mio desiderio di fare musica, nasceva in quella ricerca del tempo del respiro, ma senza trovare pienamente la possibilità di esaudirlo. Lo studio, della teoria e della pratica, del pianoforte, non mi consentiva di entrare nel battere e nel levare del respiro. Rimaneva estraneo quello strumento verticale dalle corde invisibili. Tant’è che i lunghi anni di studio mi hanno lasciato in apnea nell’attesa di trovare il momento giusto, per produrre la vibrazione cercata. È dovuto trascorrere molto tempo prima che incontrassi dentro di me lo strumento che meglio si accordasse con il mio respiro nella salita e nella discesa: l’Arpa.

L’arpa con tante corde visibili, da pizzicare direttamente senza tasti martellanti come intermediari. Il piano e il forte sono racchiusi nell’intensità delle vibrazioni delle note alte e basse, gravi e acute, chiare e scure. Chissà se quelle antiche sensazioni legate all’olfatto non fossero una linea guida da percorrere per ritrovarle trasformate nella musica. In fondo, l’olfatto e il respiro utilizzano gli stessi canali, come delle casse di risonanza, dove si modulano i tempi e ritmi dei suoni e delle vibrazioni.

Mi capita di suonare durante le ore del tramonto, quando la luce artificiale interna accresce il suo chiarore, lentamente, compensando quella esterna sempre più debole. Il tramonto è il momento della giornata in cui è più facile incontrare le emozioni nella luce tenue e tiepida del sole.

Il crepuscolo è spesso associato a momenti malinconici, nostalgici, quando il sole perde la sua energia e lasciarsi andare al ricordo è più facile. Arriva così la notte, tutto scompare, insieme al sole, e le ombre vengono risucchiate come fuoco liquido dalla terra.

Le corde vibrano, quelle più profonde scuotono l’anima che si risveglia, quelle più superficiali placano la coscienza che attende il risorgere del sole….e il pomeriggio.